Tempi che furono
Le piogge primaverili, seguite dai primi caldi, portavano nella nostra tavola una vera delizia per il palato: i funghi porcini. Noi bambini, Vincenzo, Piero, Guido, Maria Pia e Rosanna, con il paniere in una mano e con il bastone nell’altra, a protezione contro spiacevoli e, a volte, letali incontri, seguivamo nonno Carlo e zio Amos nei boschi vicino casa, alla ricerca dei funghi perlustrando in lungo e largo il terreno e soprattutto sostando nei pressi delle fungaie, luoghi di vera delizia alla scoperta dei mitici prodotti. Che in genere apparivano in gruppo tra grida ed esclamazioni dei piccini e la gioia dei grandi.
Si potevano aggiungere e portare a casa, oltre ai galletti, anche gli ovuli, funghi tra i più apprezzati, dal gusto tenero ed appetitoso. Oggi si sta zitti, non si fa rumore festoso, la gioia per il ritrovamento dei funghi è contenuta. Farebbe accorrere gente e svelare la fungaia.
Il periodo migliore per la raccolta dei funghi comincia a maggio, per proseguire a giungo, per finire a settembre con i primi freddi. I veri fungai raccolgono funghi durante tutto l’anno, anche se di qualità inferiore dal punto di vista gastronomico. Parliamo di mazze di tamburo, prataioli, famigliole, pinaroli, pioppini, per citare le qualità che ho imparato a conoscere e ad apprezzare, profumati frutti, in anni di frequentazioni nei boschi.
Se l’annata era buona e si era fortunati raccogliendone parecchi, oltre al piacere di una tavola rinnovata, si potevano seccare dopo averli privati delle parti terrose. Nonna Assunta e zia Nena pulivano il gambo, il cappello, li tagliavano in liste piuttosto grosse, le ponevano in tavole di legno a essiccare per diversi giorni, rivoltandoli almeno una volta al giorno e riponendoli la sera a evitare l’umidità della notte. Una volta secchi trovavano posto nei vasi di vetro o in sacchetti di carta e utilizzati d’inverno per condire la polenta o per dare sapore al sugo.
Quella della ricerca dei funghi è sempre stata una mania. E’ un momento che ho sempre amato. Come non mi hanno mai pesato le levatacce per andare a cercarli, ma, al contrario, rimanevo incantata dall’immagine del sole che sorge e del cielo che si fa dei colori immensi dell’aurora, del giorno che piano piano si avvicinava, della sorpresa che può arrivarti in qualsiasi momento. Come quella volta, una quindicina d’anni fa, che in compagnia dei cugini Aldo e io dovemmo ricorrere a giubbotti, cappelli e magliette per portare alla macchina un carico spaventoso di porcini. Eravamo incappati in un punto nel quale, evidentemente, non era passato nessuno, nonostante le macchine e le numerose presenze nel bosco.
Allora la raccolta era libera. Non esistevano restrizioni riguardo al peso dei funghi trovati. Non c’era bisogno di tesserini regionali di autorizzazione, come non c’era bisogno di controllarne le dimensioni, di avere più di quattordici anni, e di aver frequentato un corso di formazione micologica. Nessuno parlava di orari e giorni stabiliti per effettuare la raccolta, come nessuno parlava di evitare la dispersione delle spore. Oggi mi risulta che è assolutamente necessario aver frequentato un corso di micologia per andare nei boschi.
Proverbi
Maggio, un fungo per assaggio, per proseguire a giugno, con il detto Giugno nasce un buon fungo mentre a settembre si dice Settembre, pioggia e luna son dei funghi la fortuna.
Da: Terra di Toscana Vita in campagna di Lorena Fiorini
Ingredienti per quattro persone:
4 cosci di coniglio disossati
300 g di funghi porcini
100 g di pancetta
1 bicchiere di brodo vegetale
1 fetta di pane raffermo
1 uovo
30 g di burro
1 ciuffo di prezzemolo
2 spicchi d’aglio
1 rametto di rosmarino
1 bicchiere di vino bianco secco
olio extravergine d’oliva
sale e pepe
In un tegame fate rosolare nell’olio caldo un trito di uno spicchio d’aglio e prezzemolo, far amalgamare la pancetta tritata. Unite i funghi porcini puliti e fatti a pezzetti, sale, pepe, lasciar insaporire. Togliete dal fuoco e lasciate raffreddare.
A parte fate ammorbidire il pane nel brodo, strizzarlo, metterlo in una terrina, aggiungete l’uovo e i funghi, mischiate. Salate e pepate i cosciotti di coniglio, inserite il composto all’interno, cucite la carne con il filo da cucina.
Ponete i cosciotti in una teglia da forno imburrata, aggiungete il rosmarino e l’aglio residuo, lasciate rosolare i cosciotti, girandoli di tanto in tanto per farli colorire. Versate il vino, lasciarlo evaporare, continuare la cottura per 1 ora.