Dante è costretto a partire e a trovare rifugio nell’imponente castello di Poppi, ospite del conte Guido di Simone da Battifolle, dove si presuppone abbia scritto il celebre canto XXXIII dell’Inferno dedicato al conte Ugolino, uno dei canti più amari e sinistri dedicato ai traditori della patria. Condannato a morte per fame e inchiodata la porta della torre che lo ospita insieme ai quattro figli, che moriranno tra il quarto e il sesto giorno, il conte conclude cosi la terribile vicenda:
XXX CANTO DELL’INFERNO
… ond’io mi diedi,
già cieco, a brancolar sovra ciascuno,
e due dì li chiamai, poi che fur morti.
Poscia, più che ‘l dolor poté ‘l digiuno.
Il Castello di Poppi è, secondo il Vasari, opera di Lapo, padre di Arnolfo di Cambio, che si sarebbe appassionato al castello per poi prendere ispirazione e disegnare Palazzo Vecchio a Firenze. Davanti all’ingresso del Castello di Poppi un busto di Dante ricorda la sua permanenza in quel luogo. La cappella interna è affrescata da Taddeo Gaddi, miglior allievo di Giotto. Completa il quadro la splendida Biblioteca Rilliana che contiene 25.000 libri rari e preziosi, tra i quali spicca la Commedia illustrata da Gustave Doré.