31 ottobre 2011
Apprescindere con Michele Mirabella, un altro episodio del romanzo di vita di Lorena Fiorini
Ho lavorato quarant’anni in Rai, un lavoro amministrativo svolto con amore e dedizione. Poi, quando i tempi erano giunti, l’uscita con qualche rimpianto e la convinzione che la mia vita si sarebbe svolta altrove. La pensione, parola che fa provare un brivido di insicurezza, per me ha rappresentato una vera e propria svolta. Mi sono tuffata a tempo pieno nella famiglia e nella scrittura. La scrittura mi ha salvato, mi ha posto al centro della creatività, quella creatività che mi aveva visto protagonista con fini diversi, ma anche da spettatrice attenta alle problematiche legate alla realizzazione di programmi e spot promozionali. Uscire e rientrare in Azienda come autore, come esperta gastronoma, mi fa sorridere e mi fa ripetere, prendendo lo spunto da una frase di Flaubert: Ogni vita merita un romanzo.
La partecipazione al programma “Apprescindere”, con l’amico Michele Mirabella, è stata l’occasione per presentare Il grande libro del pane pubblicato da Newton Compton Editori, ma anche l’apertura al mio mondo di sempre in modo completamente diverso, un mondo che ha finito per prendere il sopravvento e per diventare il vero interprete della mia vita.
Sono giunta alla registrazione con qualche apprensione e qualche fuori programma. Il taxi giunto con un bel ritardo, i pani da esporre consegnati in studio all’ultimo momento. Il resto tranquillamente sereno. Accompagnata nella sala trucco, mi sono seduta nella poltrona e ho atteso pazientemente chi con mano ferma e decisa spandeva con una spugnetta l’idratante, spennellava cipria e ombretto, accarezzava le ciglia e le sopracciglia con movimenti delicati per spargere il rimmel e modellava con la matita le sopracciglia. Un ultimo tocco: una minuscola riga di eye liner e il risultato è lì davanti agli occhi. Quanta differenza con l’aspetto e il mondo di prima! Un trucco superspedito, un contorno occhi a velocità supersonica, il viso acqua e sapone. La diversità con il tempo passato non ha eguali. Sempre di corsa. Ho seguito attentamente i movimenti nello specchio, ora mi riflette l’immagine di una donna diversa, un’altra, con addosso e nel cuore la pienezza di un’età tutta da scoprire.
Dopo il trucco segue il parrucco, capelli sistemati con il phon, una leggera spruzzata di lacca. Sono pronta, scendo, assisto alla trasmissione in diretta. Penso al mio intervento, guardo il tavolo con i pani pronto ad entrare in scena, inserita nello studio una calma leggera è scesa nel mio animo quando il via è dato allo spazio a fianco di Michele Mirabella. Inizia una carrellata dei pani di tutta Italia, la mia voce è ferma, sicura, pronta a cogliere il risultato di mesi di lavoro attento e appassionato. Sfilano davanti a noi e vengono commentati i pani presi a modello: biova piemontese, grissino, pane di segale, coppia ferrarese, focaccia genovese, pane sciapo, pane di Genzano, pane cafone, pane d’Altamura, tarallo, pane casereccio di Matera, pane di Lentini, per concludere con il carasau. Pani scelti con lo scopo di affondare le radici nella cultura della panificazione, per ritornare ai sapori di un tempo, alle tradizioni, ai buoni pani di una volta portati in tavola con passione dai nostri amici fornai.
Il ritorno verso casa, comodamente seduta sul taxi, con la trepidazione dell’attesa scomparsa per lasciare il posto a una sensazione di leggera, sfumata contentezza.