Il piccolo e il grande schermo -Il palcoscenico, “All the world is a stage”
Aula Magna – Università degli Studi di Roma “La Sapienza”
Psicologia e comunicazione
di Lorena Fiorini
Gentili Signori,
Grazie al Professor Giuseppe Gaetano Castorina per l’invito e per la possibilità che ho di essere qui con voi.
Sono un funzionario della Comunicazione e Immagine Rai con una tesi fresca di stampa, La parola mediatrice di senso che andrò a discutere all’Università Statale di San Pietroburgo il prossimo sette ottobre. Si, sono iscritta a quella prestigiosa Università, quella che ha dato i natali a ben sette premi Nobel, Pavlov e il riflesso condizionato in testa.
L’Ontopsicologia, scienza fondata da Antonio Meneghetti negli anni 70, ha trovato accoglienza in Russia, dove è stata studiata nelle Università per ben 10 lunghi anni. Infine le porte dell’Università Statale di San Pietroburgo si sono aperte agli studenti sparsi un po’ ovunque nel mondo. Dall’Italia alla Russia, dalla Cina al Brasile, dai paesi slavi ai paesi baltici.
L’Università italiana, Facoltà di Sociologia, inizia, il prossimo novembre, un corso dal titolo Ontopsicologia e Società Contemporanea.
Nel corso dei miei studi la parola è stata un grosso stimolo ed i libri nei quali mi sono avventurata studiando, mi hanno indirizzato verso un ritorno alla lingua dei padri, il greco e il latino, i cui segni erano basati sull’emozione ontica, per rintracciare la radice comune dei termini che specifica un modo dell’azione esistenziale. Si è cercato, con la parola, il contatto che apparisse reale con la profondità dell’Essere attraverso un ritorno alla fonte, ritrovando la purezza del linguaggio, per ritornare ad essere quello che si è, non quello che si crede. Il ritorno ha significato approfondire gli autori che hanno lanciato questo invito ed accogliere le convinzioni rivoluzionarie di Giovanni Semerano, filologo fiorentino, il quale asserisce perentoriamente che “In nessuna lingua dei popoli antichissimi che si muovono attorno al nostro continente è traccia dell’indoeuropeo”.
La tesi di Giovanni Semerano è condivisa da Antonio Meneghetti il quale dice: “La mia opinione è che la lingua più ontica e uguale ai fatti della natura sia l’accadica… In questa prima lingua è esposta la prima filosofia dell’uomo: lo gnosticismo elementare, cioè la parola, il logos uguale all’azione della vita secondo il contatto psicobiologico”.
Siamo in presenza di teorie che ribaltano conoscenze di generazioni e generazioni, scoperte che improvvisamente sollevano radicate convinzioni di millenni, opere che possono capovolgere secoli di cultura classica, nel nostro caso, euro-mediterranea.
Il mondo accademico è perplesso di fronte a questo invito, a riconsiderare l’origine della lingua partendo da quella fascia di terra posizionata tra il Tigri e l’Eufrate. Ma è pur sempre un invito a studiare, ad approfondire, a non considerare l’argomento della lingua chiuso e definitivamente acclarato. E’ uno squarcio prodotto nell’origine della lingua e che deriva da anni di seri, meticolosi, a volte silenziosi studi e che conducono idee rivoluzionarie sul tavolo degli studiosi che vorranno cimentarsi e portare avanti questa impresa.
Il mio lavoro e la mia passione per la psicologia si sono intrecciati dando il via a qualcosa che è iniziato seguendo un’intuizione e che ha finito per diventare prioritario. Lo studio del linguaggio e della parola mi hanno impegnato nel corso di questi ultimi anni. Anni fondamentali, che mi hanno insegnato a ritornare al punto zero, con umiltà, con serietà, con un lavoro programmato e da programmare, giorno per giorno, ora per ora, evento dopo evento, non perdendo mai di vista il ritorno e dal ritorno ripartire, frequentando chi può aiutarmi a ritrovare il senso vero della parola con me stessa. E’ stato necessario ripartire dal miricismo quotidiano, non interiorizzando parole e teorie altrui che attraverso frasi e discorsi, possono creare un danno irreversibile, sviarci, farci ammalare, toglierci energie, vampirizzarci.
Prima di emettere un qualsiasi suono ho imparato ad ascoltare quel segnale leggerissimo, impalpabile, ma riconoscibilissimo, che mi indica la direzione, la strada, senza possibilità di errore o indicazione di falsi percorsi. Ho imparato il codice di comunicazione con l’altro. Spesso si verifica uno squilibrio tra il codice di chi parla e il codice di chi ascolta. Bisogna uniformarsi laddove il pensiero si trasforma in linguaggio e soprattutto ho imparato a semplificare il linguaggio comunicativo.
Sono docente di un Laboratorio di comunicazione. Mi sforzo di comunicare ai miei alunni un linguaggio semplice, comprensibile. Ho cominciato togliendo il superfluo, le inflessioni dialettali, gli intercalare, gli aggettivi inutili, i superlativi, le frasi fatte, i neologismi, le sgrammaticature della lingua. Li invito ad essere semplici, concisi, a non farfugliare e a non “mangiarsi” i finali delle parole. Ma soprattutto cerco di aggiungere le parole che mancano al linguaggio scritto e parlato e togliere quelle che, al contrario, appesantiscono il discorrere.
Rientrando nello specifico di questo convegno, ricordo che La Rai ha da poco festeggiato gli ottant’anni della radio e i cinquant’anni della televisivione.
Nel XX secolo la comunicazione ha dato vita al linguaggio radiofonico, linguaggio che ricorre alla parola, ai suoni ed ai rumori e che ha lasciato ampio spazio alla fantasia e all’immaginazione del fruitore. Oltre a questo le peculiarità del linguaggio radiofonico sono da ricercarsi intorno all’immediatezza del messaggio, al fatto di essere simultaneo per tante persone, alla necessità di evitare ridondanze letterarie e appesantimenti linguistici. I limiti: l’irripetività, una volta andato in onda il messaggio non ci si può tornare sopra, e la comprensibilità dove il comprendere è legato alle conoscenze dei singoli ascoltatori.
Più tardi il linguaggio televisivo ha dato un notevole contributo, altrimenti impensabile, allo sviluppo della lingua parlata. Una spinta si è verificata nei cambiamenti sociali legati, ad esempio, al vestire, per non parlare delle abitudini familiari rivoluzionate intorno al piccolo schermo, come la conversazione a tavola pressoché scomparsa, e la lettura ridotta.
Voglio qui ricordare una trasmissione per tutte, “Non è mai troppo tardi”, di Alberto Manzi, realizzata nell’ambito della Struttura Telescuola e destinata agli analfabeti. Costituì un riferimento. Venne venduta alle televisioni di tutto il mondo.
Il linguaggio televisivo cambia profondamente, a partire dal 1975, con la fine del monopolio Rai, l’estensione dei canali, e di conseguenza dell’offerta televisiva. Un passaggio epocale che ha visto da un lato proliferare la tv spazzatura, mentre dall’altro un notevole contributo arriva da un racconto più veloce legato a riprese che hanno ritmo, da inquadrature che si avvalgono di più telecamere, e da un montaggio più serrato e sciolto.
La vecchia televisione generalista è oggi affiancata dalla televisione via satellite. I canali, a contenuto prevalentemente tematico, affrontano argomenti i più diversi, sono rivolti ad un pubblico che è destinato a spaccarsi, quello più preparato si dirigerà verso canali colti, mentre l’altro si orienterà verso canali dedicati allo sport e agli spettacoli leggeri.
Oggi ci troviamo di fronte a fenomeni che abbracciano più campi e che propongono linguaggi differenti. Il Commissario Montalbano, ad esempio, è presente nei testi televisivi, nei testi
radiofonici, nei cartoni animati, in CD rom, nella voluminosa rassegna stampa, in interviste, nei siti web su Camilleri e Montalbano gestiti da Sellerio, Mondadori e Rai, sui libri-intervista, sui Camilleri fans Club, e, per ultimo, sul passaparola. “Dinanzi ad un corpus del genere, gigantesco ma non incontrollabile, quel che cambia non è solo il punto di vis
ta sul personaggio, ma il personaggio stesso”.
Vorrei soffermarmi ora sulla comunicazione per immagini. E’ un linguaggio. La Rai ha rinnovato la propria identità perseguendo l’obiettivo di sottolineare i diversi profili delle tre reti, all’interno di un disegno integrato, che rimandi in maniera sistematica al brand. L’intervento è stato sviluppato attraverso l’analisi delle caratteristiche attuali di ogni rete e, partendo dagli attributi e dai valori riconosciuti, è stata elaborata la strategia di brand.
L’intento è stato quello di rafforzare il posizionamento di ogni rete attraverso una maggiore caratterizzazione, a vantaggio degli stessi palinsesti e ancor più della fruizione da parte del
pubblico.
La Comunicazione e Immagine Rai, diretta da Giuliana Del Bufalo, è impegnata da sette anni in questo lavoro, che mi trova direttamente coinvolta dalla fase ideativa alla fase realizzativa e fino alla messa in onda. Si tratta di raccogliere i desiderata dei vertici aziendali per poi, attraverso un gruppo di creativi, trasformare le indicazioni in immagini.
Da sempre i telespettatori hanno creduto nel ruolo del linguaggio dando, quindi, autorevolezza alla radio prima e alla televisione poi, affermando con convinzione e in più occasioni: “L’ha detto la radio, l’ha detto la televisione”.
Il secolo che si è da poco chiuso alle nostre spalle ha evidenziato, come ultima tendenza, nella diffusione dei mezzi di comunicazione di massa, la nuova frontiera dell’evoluzione del linguaggio.
Oggi siamo di fronte ad un nuovo spaccato dell’universo. Come sarà l’evoluzione della comunicazione così sarà l’umano.
Entrando nel Terzo Millennio ci rendiamo conto che la tecnologia sta progressivamente prendendo il sopravvento sull’intuizione e sulla creatività umana. E’ indispensabile “la conoscenza e l’uso di una scienza umanistica capace di rintracciare l’essenza dell’uomo, recuperarne il senso e guidarlo razionalmente all’autocomprensione e all’autorealizzazione”. E’ il Professor Meneghetti che parla, usando il linguaggio dell’Essere, senza mediazione alcuna.
Psicologia e comunicazione si sono incontrate per indicarci la strada. Buon cammino a tutti. Grazie.