Dante in Casentino – I castelli e i luoghi che lo hanno ospitato di Lorena Fiorini

Dante

Il testo che segue, di Lorena Fiorini, è stato pubblicato sul Quotidiano on line Moondo 

E’ stato, inoltre, oggetto di due interventi, sulla piattaforma Zoom, dell’autrice su un evento organizzato dalle Associazioni Culturali di Salerno e a Roma alla FUIS, Federazione Unitaria Italiana Scrittori

 

Dante

Dante in Casentino
i castelli e i luoghi che lo hanno ospitato

di Lorena Fiorini

 

Vi chiederò di incontrare e accompagnare Dante Alighieri nei castelli e nei luoghi che lo hanno ospitato durante l’esilio da Firenze.

Vi parlerò di Dante e del Casentino, vi introdurrò nell’Alta valle dell’Arno, una valle incastonata tra il Pratomagno e l’Appennino. Vi racconterò dei luoghi e dei castelli che hanno ospitato Dante Alighieri, che troverà nei luoghi ispirazione per alcuni versi della Commedia.

Perché questo legame? Sono nata a un paio di chilometri dal castello di Romena, in Casentino, a una cinquantina di chilometri da Firenze e altrettanti da Arezzo. Il castello di Romena, uno dei castelli dei Conti Guidi, potente famiglia del luogo proprietaria di più castelli,è ricordato nella Commedia durante la lontananza del Sommo poeta da Firenze.

 

CAMPALDINO

Dante arrivain Casentino, partecipa alla battaglia di Campaldino, 11 giugno 1289, battaglia che pose di fronte due eserciti: Guelfo di Firenze e Ghibellino di Arezzo. L’esercito fiorentino per male vie superò il passo della Consuma in direzione di Poppi, mentre l’esercito Aretino, spostatosi dal Val d’Arno, si pose in attesa nella Piana di Campaldino, preparandosi a un attacco feroce, che lascerà sul campo sangue e morti.

Dante, ventiquattrenne, partecipò alla battaglia in qualità di feditore, cavaliere di prima fila, avvertì temenza molta, che a fine battaglia si trasformò in allegrezza grandissima, per la vittoria riportata dall’esercito fiorentino.

Oggi, a memoria della sanguinosa battaglia, resta quella che è chiamata la Colonna di Dante, monumento in marmo bianco, posto a un crocevia, una rotonda, in prossimità di Poppi.

Nella Divina Commedia, nel V canto del Purgatorio, Dante incontra il rivaleghibellino ferito a morte nella battaglia di Campaldino, Bonconte da Montefeltro, al quale chiede perché non sia giunta alcuna notizia della sua morte.

 

Ed io a lui: < Qual forza o qual ventura

ti traviò sì fuor di Campaldino,

che non si seppe mai tua sepoltura?>.

E io a lui: «Quale forza o caso

fortuito ti trascinò fuori da Campaldino,

 così che il tuo corpo non fu mai ritrovato?»

 

Bonconte, anche se forato ne la gola, invoca Maria e fugge dal diavolo pronto a trasportare la sua anima all’inferno. Un violento temporale, abbattutosi sul campo di battaglia, allontana il corpo di Bonfonte verso il torrente Archiano, per poi disperdersi in Arno.  L’Archiano nasce nell’Appennino sopra l’Eremo di Camaldoli, dove i monaci vivono chiusi nelle loro celle.

Dante nel 1302 è condannato al rogo accusato di baratteria, di interessi privati in atti d’ufficio e condannato a 5.000 fiorini di multa. Per mettere pace tra Guelfi e Ghibellini, i cittadini appartenenti al partito dei Guelfi Bianchi, il partito di Dante, furono privati dei diritti civili ed esiliatì in contumacia.

 

CASTELLO DI ROMENA

Castello di Romena

 

Nel 1302 il sommo poeta, esiliato da Firenze, non si difende,ritorna in Casentino, a Pratovecchio (AR). Nel canto XXX dell’Inferno Dante riporta la vicenda vissuta da Mastro Adamo da Brescia, il falsificatore che dava forma a fiorini di falso conio fabbricati per i conti Guido, Aghinolfo e Alessandro Guidi. La vicenda è ambientata al castello di Romena.

 

INFERNO XXX CANTO

Ivi è Romena, là dov’io falsai

la lega suggellata del Batista;

per ch’io il corpo sù arso lasciai.

 

Lì è Romena dove falsificai i fiorini

(su una delle cui facce era raffigurata

l’immagine di S.Giovanni Battista, patrono di Firenze),

e per tale motivo fui condannato a morte

 

Scoperto, Mastro Adamo scappò da Firenze per rifugiarsi in Casentino. Intercettato, confessa e viene arso vivo sul rogo nei pressi del passo della Consuma in località, che da allora viene chiamata Ommorto, da Uomo morto. Siamo nel 1281. Mastro Adamo trova spazio nell’Inferno dantesco nella bolgia dei falsari, punito a soffrire la sete, desideroso di una sola goccia d’acqua tratta da Fonte Branda, fonte ormai prosciugata.

Il castello di Romena, fortezza dalla triplice cinta muraria, situata in collina, è in posizione dominante sul Casentino e dal quale si gode una vista spettacolare, come del resto dagli altri castelli. Alcune fonti vogliono Dante per qualche tempo al castello.

Ho potuto ricostruire una parte della vicenda grazie a Francesco Pasetto, scrittore, docente studioso della storia del territorio, che la riporta in suo saggio “Il Castello dei Conti Guidi e l’origine di Pratovecchio”.

Il Sommo Poeta si presuppone abbia soggiornato, nella primavera estate del 1302, esule quasi quarantenne,nel Castello di Pratovecchio, castello a guardia di un passaggio sull’Arno che univa la pieve e il castello di Romena al monastero di Santa Maria a Poppiena e alla sponda sinistra dell’Arno in corrispondenza di una via che conduceva a Camaldoli e in Romagna.  Dante trova accoglienza nella torre delle prigioni, situata lungo l’Arno, torre che occupava l’angolo sud-ovest del maniero ampio (tra cassero, piazza d’armi, e la torre delle prigioni), che ospitava al piano di sopra i soldati e sotto le prigioni. In un suo scritto il poeta avverte lo scorrere dell’acqua dell’Arno da una torre dove risiede. I castelli di Romena, Porciano, Poppi sono situati in lontananza rispetto al rumore delle acque dell’Arno e l’unica torre, ancora in piedi e da dove è possibile udire lo scorrere dell’acqua, è quella del castello di Pratovecchio.

Dante è ospite del guelfo Guido Selvatico, Palatino di Toscana e della moglie Manentessa, figlia di Bonconte da Montefeltro, signori del Castello.

Torre di Pratovecchio

Torre di Pratovecchio

 

CASTELLO DI PORCIANO

CASTELLO DI PORCIANO

Dante si trasferisce al castello di Porciano, a pochi chilometri da Stia, dove sarà ospite dei conte Brandino Guidi. Soggiornerà nel castello dal quale si domina la parte alta della valle del Casentino, Da quiinvierà due lettere, una ai fiorentini, che chiama scelleratissimi, di risentimento per l’esilio e per chiedere loro di sottomettersi all’imperatore e l’altra allo stesso imperatore Arrigo VII, per invitarlo ad attaccare Firenze e a schiacciarle il capo con il piede.

La Repubblica di Firenze, a seguito della lettera, spedì un messo al castello per intimare alla consegna di Dante. I signori, saputo dell’arrivo, pregarono il sommo di partire. Nella discesa al paese Dante e il messo si incontrarono. Quest’ultimo chiede se Dante si trova a Porciano. L’Alighieri rispose: Quand’io v’ero, i v’era!

 

CASTELLO DI POPPI

Castello di Poppi

 

Busto Dante

Busto di Dante davanti al Castello di Poppi

 

Dante è costretto a partire e a trovare rifugio nell’imponente  castello di Poppi, ospite del conte Guido di Simone da Battifolle, dove si presuppone abbia scritto il celebre canto XXXIII dell’Inferno dedicato al conte Ugolino, uno dei canti più amari e sinistri dedicato ai traditori della patria. Condannato a morte per fame e inchiodata la porta della torre che lo ospita insieme ai quattro figli, che moriranno tra il quarto e il sesto giorno, il conte conclude cosi la terribile vicenda:

XXX CANTO DELL’INFERNO

… ond’io mi diedi,
già cieco, a brancolar sovra ciascuno,
e due dì li chiamai, poi che fur morti.
Poscia, più che ‘l dolor poté ‘l digiuno.

 

Il Castello di Poppi è, secondo il Vasari, opera di Lapo, padre di Arnolfo di Cambio, che si sarebbe appassionato al castello per poi prendere ispirazione e disegnare Palazzo Vecchio a Firenze. Davanti all’ingresso del Castello di Poppi un busto di Dante ricorda la sua permanenza in quel luogo. La cappella interna è affrescata da Taddeo Gaddi, miglior allievo di Giotto. Completa il quadro la splendida Biblioteca Rilliana che contiene 25.000 libri rari e preziosi, tra i quali spicca la Commedia illustrata da Gustave Doré.

Ed ecco l’interesse del sommo poeta a proposito dell’ARNO, il fiume che attraversa la Valle del Casentino e la Toscana

 

CANTO XXX DELL’INFERNO

Li ruscelletti che d’i verdi colli

del Casentin discendon giuso in Arno,

faccendo i lor canali freddi e molli,

I ruscelli che dai verdi colli del Casentino

scendono giù verso l’Arno, nei loro letti

freschi e ricchi d’acqua,

 

PURGATORIO CANTO XIV

Per mezza Toscana si spazia

un fiumicel che nasce in Falterona,

e cento miglia di corso nol sazia

 

Attraverso la Toscana si stende un fiumicello, che nasce dal monte Falterona e cento miglia di corso non gli bastano.

E’ possibile che Dante si sia avvicinato alla sorgente del fiume e al Lago degli idoli, sacro agli Etruschi, durante i suoi spostamenti verso la Romagna

Luoghi di bellezza rara, una natura incontaminata l’attraversa, misteriosa e a tratti impervia, luoghi mistici legati al silenzio invitano il pellegrino a fermarsi e a meditare, ascoltando il vento e il passo a volte leggero, a volte frenetico, degli animali che penetrano la foresta.

Sicuramente Dante ha visitato le spettacolari pievi romaniche, costruite intorno all’anno 1000, la Pieve di Romena, l’Eremo di Camaldoli e il Sacro Sasso della Verna, tra il Tevere e l’Arno, dove San Francesco ha ricevuto le stimmate solo ottant’anni prima.

Il Casentino e la vicina Romagna saranno le terre che Dante attraverserà, conoscerà a fondo, e dove ha soggiornato.

Dante Alighieri nasce nel 1265 a Firenze. Muore a Ravenna nel 1321, colpito da febbre malarica. Non farà mai più ritorno nella sua amata Firenze, la sua condanna non venne mai ritirata. Solo nel 2008 la Commissione Cultura di Palazzo Vecchio a Firenze ha votato la piena riabilitazione del Sommo poeta.

Statua di Dante

Statua di Dante davanti a Santa Croce a Firenze

Dante e il cenotafio in Santa Croce

Dante e il cenotafio in Santa Croce

Un cenotafio è un monumento sepolcrale che viene eretto in un famedio, in una chiesa o in altro luogo, per ricordare una persona o un gruppo di persone sepolte in altro luogo. Quello di Dante è cantato da Ugo Foscolo nel carme Dei sepolcri.

La sepoltura in Ravenna è Storia, accanto alla sua tomba il museo dantesco, gestito dai Francescani, rende onore al Sommo Poeta; come del resto il monumento davanti alla fiorentina Basilica di Santa Croce ed il cenotafio nella navata destra, edificato a suo tempo per accoglierne le spoglie, accanto alle altre urne dei Forti.

La tomba di Dante a Ravenna

Chiudiamo con i versi del XVII Canto del Paradiso:

 

Tu lascerai ogne cosa diletta più caramente

tu proverai sì come sa di sale lo pane altrui

e come è duro calle lo scendere e ‘l salir per l’altrui scale

 

I versi sono dedicati da Dante al trisavolo Cacciaguida.

La prima pena dell’esilio è abbandonare ogni cosa amata, con il dolore nel mettersi al servizio dei vari signori e nell’accettare il pane altrui.