Ritrovarsi, farsi festa, mettere insieme progetti e lavori, con gioia, con allegria, sempre con la voglia di fare. Antonella, ho ritrovato un vulcano d’idee, di lavori fatti, di pittura arrivata ai vertici massimi, di ritratti che raggiungono addirittura il Vaticano, gli ultimi Papi, da Giovanni XXIII a Giovanni Paolo II, all’attuale Benedetto XVI, per non parlare di Carlo d’Inghilterra e Rita Levi Montalcini. E in questi ritratti si è inserito un libro che parla di gente comune, di vita vissuta tra gioie e sofferenze, di guerra e di ricostruzione, di un soldato, un prigioniero, un nonno, mio padre. Antonella, donna leale e generosa, si è offerta di fare il ritratto inserito nel libro che raccoglie la sua vita, “Betty, sono Bruno”.
L’incontro, piacevole e spensierato, avviene nel suo studio, a Trastevere, ricco di quell’atmosfera spartana e colorata in cui ci si immerge nel cuore dell’artista, si ritrovano segni ed emozioni, quadri e burattini, personaggi cari e maestri di vita. Una bottega, ma anche il cuore pulsante di un’artista. Un cuore grande, in grado di ospitare i ricordi del mondo Rai come i ricordi e la vita passata e attuale di una bella, grande famiglia, i Muccino.
La Rai, cosa rimane nel tuo cuore d’artista dei tanti anni passati a Via Teulada? Raccontaci un po’ di te, della tua passione per il tuo lavoro di costumista prima, di scenografa poi, fino alla grande passione per la pittura.
La Rai è stato il primo miraggio, la prima conquista, la prima grande gioia della mia adolescenza.
Avevo 17 anni quando uscendo dall’Accademia di Costume ebbi il primo contratto come assistente Costumista per un film di Anton Giulio Majano: I Fratelli Corsi, la costumista era Maria Baronj, mia insegnante di Storia del Costume all’Accademia. L’anno successivo ebbi il primo contratto Rai per la trasmissione “Gran Premio”. La costumista era Flora Franceschetti che come me aveva superato l’esame in Rai per essere assunta in qualità di Costumista. Flora fu seconda ad Anna AJò ed io terza. Così iniziai a lavorare prima come assistente e poi come costumista. All’epoca ero afflitta da una situazione familiare piuttosto angosciosa a causa della salute di mio padre e della necessità ch’io lavorassi anche per dare un sostegno economico oltre che per realizzare la grande aspirazione di diventare Costumista. Lavorai qualche anno a cachet prima di essere assunta in pianta stabile, quel lontano telegramma del 15 gennaio del 1967 mi cambiò la vita e diede ai miei cari più serenità e speranza nel futuro.
Luigi, Luigi Muccino, un caro collega, preparato, pronto a dare sostegno nei momenti di difficoltà. Così amo ricordarlo negli incontri di lavoro nel suo ufficio al sesto piano di viale Mazzini, lato via Pasubio. Come è avvenuto l’incontro con lui, nei “meandri Rai”?
Il 1964 fu l’anno più importante della mia vita non solo per il lavoro, perchè conobbi Luigi, al Delle Vittorie, ero assistente di Folco a Studio 1. Il giovane Muccino era diverso da tutti quelli fino ad allora conosciuti, era gentile, di quella gentilezza che viene dall’anima, era ed è rimasto una persona di rara trasparenza e onestà intellettuale, un uomo riservato e schivo nei sentimenti ma sorprendentemente generoso. Scherzando lo chiamavo Mangiafuoco per la sua apparenza brusca, ma come il personaggio di Pinocchio anch’egli mi donò delle monete d’oro, per l’esattezza tre: Gabriele, Laura e Silvio e ha saputo essere per loro il migliore dei padri.
Fino a giungere alla passione che ha preso campo, che ti ha coinvolto in maniera totale, la pittura…
Si, un giorno entrò nelle nostre vite la Pittura, spalancò la porta della nostra tranquilla casa e mi sconvolse, percepii dentro di me il crescere costante e irreversibile di questo enorme amore, sempre di più e mai mi ha abbandonata, creando nei confronti dei miei cari dei veri e propri complessi di colpa, il mio cuore in continuo obbligo di scelta, in perenne dicotomia tra famiglia e arte. Questo accadimento mi turbò profondamente. La mia anima si scisse e da allora come un circense ho vissuto una vita in equilibrio fra l’una e l’altra parte di me, entrambe irrinunciabili.
Quanto la presenza di Luigi ha influito nel tuo ruolo d’artista? Hai, anche tu, “ringhiato” un po’ per farti spazio nel tuo mondo?
Da principio Luigi pensò ad un capriccio, una velleità, e faticò a comprendere, ma mi amava e quando si ama si finisce con il capire, sempre. La mia passione era autentica e fortissima e non meno forte era l’attaccamento ai miei figli, alla famiglia, sentivo forte e imperioso il bisogno di riuscire nell’intento di realizzarmi come donna, madre e artista! Ambizione più grande non s’era mai vista…Volevo vivere la mia fiaba ed ho fatto il possibile con sacrificio e coraggio, e Luigi ha saputo prima tollerare, infine essermi solidale e questo ci ha uniti davvero molto. La pittura per me è stata una via spirituale, intima, è stata per me la cura. Siamo tutti nevrotici e affannati in questa vita, tutti spinti e strattonati da realtà non sempre condivisibili, tutti combattenti contro le offese, le umiliazioni, le ingiustizie, ma non a tutti è dato di avere accesso ad un Paradiso in cui nulla fa più paura, in cui si è soli e in questa solitudine è più facile dialogare con il mondo. L’artista è sempre solo e il suo più grande desiderio è dialogare con un Mondo spesso lontano e distratto, l’artista si nutre di ideali a volte di utopie, come scriveva Elsa Morante appartiene alla categoria dei F.P. (felici pochi,tratto dal libro “Il mondo salvato dai ragazzini”). E’ tanto vero che l’Arte è il Paradiso, quanto è altrettanto vero che il Mondo dell’Arte è l’Inferno!
Come hai potuto conciliare il tuo ruolo di moglie, madre e artista? Un marito, tre figli, oggi tre nipoti. Quali gli incontri che hanno segnato le tappe della tua vita lavorativa e quella dell’artista? Quali i riconoscimenti?
Ho dialogato attraverso la pittura con i figli, con Luigi e con tante, tante persone che mi hanno arricchita con la loro stima, il loro affetto. Ecco, l’unico vero successo è questo! Ho avuto molti riconoscimenti, ma ripeto nulla è stato più importante e indispensabile per me dell’immergermi ogni giorno, nel mio studio, in una nuova avventura, in una nuova ricerca, sempre innamorata, sempre incantata, dentro la magia dei colori. Da quarant’anni benedico ogni giorno e ringrazio il Signore di avermi dato tanto. Con i miei cari ho dunque dialogato molto attraverso l’arte, la poesia e spero di aver trasmesso loro certi valori esistenziali, il bisogno di emozionarsi nella bellezza, la fiducia nel potere della cultura, la mistica della fatica, del sacrificio in nome del diritto ad un sogno. La realtà si deve vivere, ma è nel sogno che si sopravvive.
E come, in questo quadro, si è inserito il successo dei tuoi figli in campo cinematografico?
I miei figli hanno ereditato la stessa passione per la comunicazione, e sia io che Luigi ne siamo sempre stati felici anche se spesso i nostri timori erano rivolti verso il “mondo dell’Arte” che mette a dura prova ogni artista con esami che non finiscono mai, e se si raggiunge il successo diventa ancor più difficile il conservarlo, il proteggersi da fal
si idoli, il proteggersi da valutazioni fuori misura riguardo a se stessi.
Ho sempre pensato all’artista come a un Sisifo, nel momento in cui il grande masso è stato portato con sforzo sul monte, in quel momento breve di pausa in cui la coscienza è soddisfatta, allora, solo allora Sisifo potrà godere del tramonto, vedrà il paesaggio, sentirà le membra stanche e respirerà a pieni polmoni quell’aria fine e i suoi occhi si immergeranno nel cielo che già rivela le prime stelle, il sudore asciugato da una lieve brezza, tutto questo sentirà Sisifo prima di far cadere a valle il masso e riprendere il suo destino. QUESTO BREVE TEMPO E’ LA FELICITA’. Tutto ciò che si è vissuto è stato ripagato.
Antonella, cosa pensa la tua famiglia di questo vulcano che sei?
…sinceramente non lo so. Per molti anni ho creduto fosse importante comunicare attraverso l’arte, ma i figli degli artisti in realtà hanno problemi di super nutrizione culturale e arriva il momento di un necessario, direi indispensabile, taglio del cordone ombelicale. “Se ci sei tu, non ci sono io…se ci sono io, non ci sei tu”. E’ sano prendere la propria strada per affermare la propria diversità, specialmente se si e’ intrecciati in un legame d’amore e di seduzione intellettuale reciproco.
Quali progetti ci sono in campo nella tua attività d’artista?
Non progetto, vivo e lascio che Dio riveli i Suoi progetti su di me.
So che stai ricercando le persone che hanno avuto i tuoi disegni, i quadri. Lanciamo un appello alla memoria dei tanti colleghi che hai incontrato e che hanno in casa appesi alle pareti i tuoi lavori per aiutarti a ricostruire il tuo archivio.
Si. Per i figli vorrei mettere insieme l’Archivio delle opere e lasciare una testimonianza del mio lavoro, di quanto sia costato crederci e difenderlo, lasciare loro il valore della costanza, della fede, del coraggio e dell’onestà intellettuale,vorrei svegliarmi ogni mattino benedicendo quell’OGGI che mi è dato e viverlo come fosse l’ultimo, infine dare un bacio a Luigi.