La parola come incontro
Mario Morcellini
Presidente Consiglio scientifico Fondazione Roma Sapienza
Roma, Chiesa di Sant’Ignazio
28 aprile 2022
Abbiamo imparato che per capire le antropologie del nostro tempo non ci si può più fidare di ciò che sapevamo. Occorre partire da una più aggiornata recensione della mappa dei bisogni e desideriumani: è nella dimensione immateriale, infatti, che più essi si svelano, attraverso segnali che è necessario saper penetrare[1]. E se cerchiamo parole nuove per leggere questi bisogni, sgorgano sempre a partire dal campodella cultura e dell’innovazione tecnologica e risultano facilmente allineabili: immaginari, narrazioni, testi di ogni genere ma soprattutto libri, contenuti e interazioni digitali. Una buona parte della vita dei moderni è quella che una riduttiva visione del passato avrebbe chiamato ‘sovrastruttura’, fatta di mondi mentali e di continua stimolazione del muscolo della comunicazione.
Ma ragionare su narrazionie racconti significa parlare contestualmente di autori e lettori, avendo sullo sfondo l’idea suggestiva dello straordinariopotenziamento cognitivo ed emotivo derivante dall’incontro fra il soggetto che scrive e il soggetto che legge.
La riflessione sui bellissimi libri che oggi presentiamo, dunque, parte dalla scrittura ma soprattutto dal rapporto che solo questa è in grado di instaurare fra gli uomini, alcuni dei quali diventano maestri di altri individui, potenziando ulteriormente quel legame, come è accaduto per Stanislao Nievo e la sua “discepola” Lorena Fiorini.
E ci aiutano nel tentativo di spiegare questa dimensione dal carattere quasi misterico per la sua inafferrabile profondità, le parole di un grande filosofo francese, Paul Ricoeur, il quale scriveva che gli uomini raccontano e scrivono storie semplicemente perché le vite umane hanno bisogno e meritano di essere raccontate.
L’obiettivo indicato da Ricoeur era altissimo e mai tanto necessario come nella fase storica che viviamo: ripristinare e recuperare i significati e il senso dell’esistere. Meglio: di un esistere in relazione attraverso il medium per eccellenza che è e rimane la parola, anzi il racconto.
Soi-mêmecomme un autre recitadel resto il titolo di uno dei suoi testi più importanti e basterebbe questo per riuscire nell’impresa impossibile di fare sintesi in relazione al“gioco sacro” della scrittura e della lettura.
Scrivere (e leggere) – suggerisce infatti Ricoeur – consentono di sfuggire al dispotismo dell’io. Il sé usato da Ricoeur non è, infatti, l’io. Scrivere (e leggere) significa dunque diventare grammaticalmente e ontologicamente “riflessivi”, come la flessione di quel brevissimo pronome. E dunque imparare a conoscersi.
E qui incontriamo l’esperienza letteraria di Lorena Fiorini che ha dedicato due dei suoi testi più recenti, Inventarsi nuovi e Smarrimento d’amore, alle forme più potenti dell’autoconoscenza e dell’autoriflessione, scegliendo straordinarie e indimenticabili protagoniste, Lorenza e Giulia, pronte a fare dell’io un sé, mostrando tutte le fragilità ma anche le inesauribili risorse dell’universo femminile.
Ma c’è molto di più nella sua produzione. Perché nel titolo di Ricoeur è presente anche l’autre: “Il compito della vita è conoscerci” – scrive – “Noi non esistiamo senza gli altri.E per conoscerci, possiamo assumere la storia dell’altro attraverso i racconti che lo riguardano”. Lettura e letteratura si propongono, in altri termini, come strumenti sempre nuovi di una “conoscenza allargata” della vita, dell’esperienza e dell’incontro con l’altro, grazie alla parola e, dunque, alla comunicazione che niente fa se non “mettere in comune la parola”, consentire il difficile passaggio dalla soggettività all’intersoggettività, dai rischi del solipsismo alla conquista di un’autentica socialità.
L’evento di Sant’Ignazio è dunque un’imperdibile occasione per riflettere sulla straordinaria dedizione degli uomini alla parola detta, narrata, scritta, da accogliere come strumento elementare e primigenio dell’essere e del vivere insieme.
Perché è questa, in fondo, la vera scoperta della scrittura (e della lettura) che ancora oggi ci propone il pensiero di Stanislao Nievo, attraverso i suoi insegnamenti elaborati dall’allieva Lorena Fiorini e raccolti nel bel testo che presentiamo: essere sé in quanto altri, Soi-mêmecomme un autre.
[1] Ho affrontato ampiamente questa problematica, inclusa l’esperienza dei Laboratori universitari di scrittura da me fondati nella Facoltà di Scienze della Comunicazione in Sapienza, in un contributo di imminente pubblicazione per un volume curato dall’Università di Tor Vergata e dal Corso di Laurea in Comunicazione e Giornalismo, coordinato dalla Prof.ssa Carmela Morabito.
Mario Morcellini è attualmente Direttore dell’Alta Scuola di Comunicazione e media digitali UnitelmaSapienza e Presidente del Consiglio scientifico della Fondazione Roma Sapienza. È Presidente onorario della Conferenza Nazionale dei Presidi e Direttori di Corsi in Scienze della Comunicazione ed è, dal 2003, e Portavoce dell’Interconferenza nazionale dei Dipartimenti. È stato Commissario dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom) dal 2016 al 2020; fino a quella data è stato Presidente del Comitato di Controllo e Corporate Governance di AUDITEL, dal giugno 2015. Nello stesso periodo è stato Portavoce del Rettore e Consigliere alla Comunicazione di Sapienza Università di Roma.