Premio della “critica narrativa inedita” al Circolo Pessoa, ricevuto al mitico Caffè Letterario “Le giubbe rosse” di Firenze.
Ho deciso di partecipare al corso di scrittura creativa in maniera molto improvvisa e forse anche superficiale, senza approfondirne scopi e finalità.
Una decisione rapida, dettata dalla voglia di scoprire quei temi così strettamente legati ai miei interessi di oggi.
Ho scritto poco nel corso della mia vita: i temi a scuola, lettere al mio ragazzo di tanti anni fa, oggi mio marito, lettere di tipo commerciale legate al lavoro d’ufficio.
Ricordo ancora alcune lettere scritte di notte per liberare la mia anima dall’angoscia e dalla disperazione, dettate dal desiderio di sciogliere il nodo che sentivo dentro e che mi opprimeva. E forse è proprio questo il punto. Liberare le emozioni, dare sfogo ai sentimenti, non racchiudere tutto dentro, ma lasciar filtrare le sensazioni attraverso piccoli segni accostati l’uno all’altro fino a formare parole, frasi, racconti.
Questo ho colto durante le prime due ore di lezione. Mi ha colpito soprattutto il fatto che in questo particolarissimo momento tutto sembra convergere verso l’esterno, che la scrittura può essere un modo per esprimere quanto è ed è stato racchiuso per tanto, forse troppo tempo dentro di me.
Insomma un modo per stare meglio, per avere un miglior rapporto con me stessa e il mio corpo, liberato e libero da ansie e angosce alle quali finisco per attribuire, proprio perché racchiuse dentro come in una morsa, un peso ampiamente maggiore rispetto a quello che realmente è.
Ho scoperto un mondo. Un mondo fatto di parole scritte non parlate.
Ho riscoperto il piacere della lettura dopo tanti anni trascorsi a “costruire”, a lavorare, a fare la moglie, a fare la mamma. Ho capito che nella mia vita poteva esserci lo spazio per un mondo che premeva e che non avevo considerato, troppo distratta dagli avvenimenti di quegli anni. A vent’anni volevo un marito, una casa, un figlio, un lavoro. Tutto questo acquisito, ho sentito in maniera forte il mio mondo interiore che tornava prepotentemente a farsi largo, a venire a galla con l’esigenza, sempre più pressante, di capire, approfondire quei comportamenti che hanno caratterizzato vent’anni della mia vita e successivamente il “disastro” dei quarant’anni. La lettura è stato un mezzo.
Ritrovarmi in un gruppo di buon livello culturale, guidato da uno scrittore sensibile, attento, un signore, oserei dire, d’altri tempi, è stata per me una piacevole sorpresa.
Motivazioni diverse hanno spinto ognuno di noi a seguire il corso: conferme sul proprio modo di scrivere, desiderio di far uscire allo scoperto le proprie emozioni, una possibilità in più per il proprio cammino, apprendere tecniche narrative. Tutto questo con un comun denominatore: l’amore per la scrittura creativa.
Fiumi di parole che devono trovare la giusta collocazione. Quel filo sottile che unisce lo scrittore al lettore. Un mondo fatto di esperienza, di sogno, di saper cogliere le sfumature del vivere trasmesse fra due persone che non si conoscono e che, molto probabilmente, non avranno mai l’opportunità di conoscersi.
L’appuntamento settimanale è diventato una piacevole consuetudine. I compagni di corso hanno assunto via via dei contorni più precisi con connotazioni specifiche: chi si rosicchia le unghie, chi tiene le mani intorno al viso, chi si tocca i capelli, chi prende appunti, chi tiene le gambe accavallate, chi rosicchia la matita, chi rilegge quanto ha scritto. Tutti molto attenti e partecipi. Mi è caduta la benda dagli occhi. Dopo un lunghissimo inverno trascorso sotto la neve a germogliare, il risveglio primaverile, accompagnato da una leggera brezza, è avvenuto e con il risveglio è apparso un mondo nuovo, tutto da scoprire, da leggere con occhi attenti e con emozioni legate a quello che fino ad ieri era poco più di niente.
Ho assistito alla nascita di un nuovo giorno che si è aperto carico di doni e di nubi da spazzare via rincuorato da aspettative da assecondare e da obiettivi da raggiungere, di pesanti fardelli da trasportare e da dimenticare per poi riprendere il cammino liberi da inutili pesi ormai superati.
Poche, piccole grandi cose che oggi per me sono molto, fanno parte del mio quotidiano, sono oggetto di attenzione e di riflessione, di pensieri comunicati a chi può come te recepirli e goderne.
Anna Maria ed io arriviamo al corso di buon umore sulla sua scassatissima cinquecento. Le ho detto scherzando: “Ti pagherò il disturbo per il tuo lavoro di autista”. E lei di rimando: “Ma no, non ti preoccupare, non c’è problema”.
Anna Maria è una mia collega. Sempre di corsa, sempre indaffaratissima, sempre piena di carte, di libri, di suggerimenti, di borse piene del suo mondo, un po’ reale, un po’ fantastico, molto, molto interessante per me che mi considero entrata in questi temi da così poco tempo. Mi piace soffermarmi a parlare con lei di discorsi che riguardano l’esoterismo, il fantastico, il mondo degli angeli, il mondo degli spiriti guida, dei tarocchi, della lettura della mano, della scrittura guidata da chissà quale entità.
Ho visto il corso di scrittura come una crescita personale, un autoconoscenza, un prendere maggior contatto con una realtà allargata finalizzata a ritrovare dentro di noi nuove energie, motivazioni e stimoli alla ricerca, allo sviluppo personale e interiore. Fa freddo nella sala del Centro Moravia che ospita il corso di scrittura creativa, unica nota stonata che viene in mente. Ma le due ore di lezione volano tra racconti di compagni letti, corretti e intervallati da insegnamenti dello scrittore osservato ed ascoltato con grande interesse. Qualche domanda, qualche curiosità e tanta attenzione di tutti i partecipanti come di fronte a un’affascinante scoperta. Sono andata a ripescare le righe che precedono e scritte nel lontano 1996 quando la mia sempre amica Anna Maria mi ha suggerito di riprenderle ed inviarle a un premio letterario. Mi sono detta: ” Ecco un’occasione per raccontare la mia esperienza o meglio l’inizio della mia avventura letteraria”. Si, perché dovete sapere, non è finita in quelle tre paginette.
Ce l’ho fatta. Ho scritto un libro. Sono partita non sapendo bene dove sarei arrivata. E invece il libro è pronto. Una fatica senza precedenti. Le prime letture sono buone e mi stanno dando delle belle soddisfazioni.
E’ come se qualcosa di magico avesse intrecciato la mia vita con la scrittura. Gli episodi una volta insignificanti hanno preso forma ed hanno indicato la strada da percorrere e seguirla è diventato un puro divertimento. La scrittura, dopo aver fatto capolino, è entrata prepotentemente nella mia vita, ha fermato la parola detta, urlata, sussurrata per dar corpo ad un’altra parola, quella dettata dalla nostra parte più intima, quella che appare come per magia a riempire righe, pagine intere, capitoli. Il racconto mi ha unito alle persone della mia stessa specie facendomi trovare un’intesa maggiore. Mi ha portato lontano e mi ha fatto capire chi devo ricordare con gratitudine e chi dimenticare liberandomene. Ha fatto riaffiorare emozioni perdute e ritrovare, come in un gioco felice, un’avventura da vivere giorno per giorno, una cura efficace a disperdere ansie, depressioni in arrivo e giochi perversi della mente. E’ servito a riscoprire un po’ d’aggressività, ha liberato un po’ da me stessa, mi ha fatto vedere le cose non come un obbligo o come qualcosa di precostituito ma come una scelta.
Scrivere è diventato un piacere, un divertimento, un liberarsi oltre il quotidiano per volare con leggerezza verso un mondo fantastico